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work > 02/06/'05 utente: non registrato

"Kibera bambini di strada"
Fotografo: Alberto Givanni
Kenya Kibera. Bambini di strada Fotografie di Alberto Givanni Mostra a cura di Elisabetta Pozzetti Catalogo a cura di Italo Zannier ed Elisabetta Pozzetti Inaugurazione: sabato 16 luglio ore 18 Interverrà Carmine Curci, direttore di Nigrizia 16 luglio - 28 agosto Castello di Spezzano Via del Castello, 12 Spezzano, Fiorano Modenense Il fotoreporter Alberto Givanni negli ultimi anni, in collaborazione con Nigrizia, ha documentato le diverse realtà sociali che animano l’Africa orientale, tessendo un iter fotografico sorprendente.
Dopo aver raccontato il Sud Africa rurale con la pubblicazione Africa oltre lo specchio (Minerva Edizioni, 2002), ha descritto in 7000 km la poliedrica e sfaccettata situazione mozambicana in Boa Viagem. Reportage dal Mozambico (Minerva Edizioni, 2004) ed ora con Kenya. Kibera. Bambini di strada focalizza l’attenzione sulla difficile realtà dei più piccoli, ai margini della società cosiddetta “civile”, impegnati a sopravvivere e a inventarsi quotidianamente una possibilità di vita normale. Vivono in una delle baraccopoli più grandi dell’Africa, nella quale la densità demografica è difficilmente gestibile e quantificabile, perché in continua evoluzione ed accrescimento.
Il loro orizzonte visivo è determinato dalla strada battuta sulla quale si innestano le fatiscenti baracche di legno, lamiera o al peggio cartone, che cercano di sostenere la seppur minima credibilità di abitazioni. Che si spartiscono contrapposte quando i binari le tagliano introducendo con violenza un barlume di progresso che si innesta però precario e disagevole. Le fotografie sono, per scelta di Givanni, a colori, spezzando col passato bianco e nero delle precedenti esperienze espositive.












I colori sono immediata eco percettiva della varietà sociale, delle ambientazioni e dei contesti in cui soggetti agiscono, accordandosi alle veloci dinamiche di mutamento che li caratterizzano.
La potenzialità delle cromie sta nel contenuto narrativo in esse racchiuso. E così ci è dato di riconoscere gli ingredienti e di intuire gli odori del pasto quotidiano fatto di scarti altrui, di percepire le variazioni luminose e il divenire atmosferico del giorno, di cogliere i differenti materiali che strutturano il loro habitat, di leggere negli abiti lisi e nelle calzature fatte con pneumatici riciclati frammenti di racconto ulteriori. Così come sono emozionanti il sollevarsi della terra nella schermaglia ludica del gioco del calcio o i gesti concitati e concentrati della lezione di box al Kivuli Centre, gestito da Padre Renato Kizito Sesana. Sospeso dentro un canestro di basket con i piedi per aria, un bambino diviene padrone divertito dell’azione calcistica che si consuma nel campo sottostante.
Le fotografie sono strumento di documentazione ma anche di partecipata condivisione esistenziale. Come quelle realizzate in una fuga in un camping vicino a Kibera, nel quale il reportage fissa i momenti gioiosi dell’inaspettato bagno, le risate e i brividi provocati dall’acqua fredda. I bambini sono prima di tutto tali, incoscienti e coraggiosi allo stesso tempo, felici anche di poco, padroni di se stessi e dei cuccioli di cane che si aggregano a loro. Il più delle volte sono orfani o peggio abbandonati e dunque si crescono assieme, gli uni con gli altri, creando dei clan, dei nuclei familiari un po’ atipici ma compatti. Dormono per strada o in ricoveri di fortuna.
Al pasto fatto di scarti si associa “quello della domenica” cucinato cioè da dei volontari che garantiscono una pietanza calda e nutriente. Si ingegnano a fare lavoretti, il più frequente è quello della raccolta del vetro accatastato in montagnole e rivenduto a peso per essere riciclato. Molti di loro respirano colla per ingannare la fame e molti gradualmente vengono assorbiti e ospitati dai centri di accoglienza che danno loro una casa e una formazione.
Il reportage di Alberto Givanni dunque ci introduce nelle giornate difficili, avventurose e anche ilari dei più piccoli, latori silenti della nostra coscienza e schegge di nuova speranza. Quella di una vita normale.









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