Questa è la triste situazione dell'occupazione da parte di alcuni cittadini somali, di un edificio in Via Capponi numero 46 a Firenze. Circa cento somali, compresi una ventina tra donne e bambini vivono in uno stabile pericoloso e pericolante, senza niente di niente. Non c'è luce elettrica, non ci sono servizi igienici, non c'è cucina. Sembra di entrare in un altro mondo, ma siamo nel centro di Firenze. A due passi dalle indaffarate San marco e Santissima Annunziata. Nelle stanze vuote sono stati sistemati, con molta dignità alcuni materassi e le poche cose che hanno. Sono tutti richiedenti asilo sbarcati in Italia e poi sparpagliatisi in vari paesi europei nei quali avevano trovato una accoglienza decente. Una casa, l'accesso al sistema sanitario, l'accesso alla scuola ed alle biblioteche. Temporaneamente però. Chi ha avuto la fortuna di non farsi prendere le impronte digitali in Italia, dopo lo sbarco, adesso se ne sta nel paese in cui è stato identificato, e dovunque la situazione è meglio che in Italia, dove non viene garantito niente di niente. La Caritas fornisce i vestiti ed un pasto al giorno, e la domenica digiuno perché è chiusa. Amedh mostra un documento di Amnesty International. C'è scritto che siccome sono entrati dall'Italia, siamo noi che dovremmo dargli asilo, ma a causa della mancanza, nell'ordinamento giuridico italiano di una legge organica in materia, in pratica quello che può fare Amnesty è un "in bocca al lupo".

Tuttora sono in attesa che la loro posizione venga esaminata dalla commissione unica nazionale. In tutti i modi in cui si sono mossi per il momento non hanno avuto risultati che garantissero una soluzione umana e dignitosa, come invece previsto dalla convenzione di Ginevra sui diritti umani, a cui l'italia aderisce. Fino ad ora hanno dormito in parchi e giardini, adesso in via Capponi. Presto però anche questa dovrà essere liberata, per far posto ai lavori di ristrutturazione dell'edificio. Questa situazione va avanti da novembre e per arrivare qui questa gente ha affrontatouna odissea. Hanno attraversato cinque stati, un deserto ed un mare, sono partiti in 300. Dopo il deserto sono rimasti un terzo. Raccontano storie che mettono i brividi. Familiari morti tra le braccia, l'attesa della morte, quando nel deserto hanno perso camion e finito acqua e viveri, mostrano cicatrici di proiettili ricevuti da chissa quale milizia. Alcuni hanno dovuto acquistare urina, unica fonte di vita nel deserto. E' stato indetto un presidio, davanti alla prefettura in Via Cavour, anch'essa a pochi passi da Via Capponi. In attesa della burocrazia italiana le notti stellate di agosto rendono dolce il sonno in una città tranquilla e deserta, ma l'inverno è vicino e le prospettive sono di un'altra occupazione, quando anche da qui dovranno andarsene.