LA STORIA DI CANALE MONTERANO
L'attività di Gian Lorenzo Bernini nella ''città morta'' di Monterano Bernini e Monterano: il binomio può risultare anomalo, considerata la posizione marginale di questo piccolo centro, già in stato di semi abbandono nel corso del '700 e definitivamente distrutto nel 1799, tanto da essere oggi una suggestiva "città fantasma". Monterano fu tuttavia, dagli anni settanta del Seicento, feudo degli Altieri e gli Altieri furono tra i maggiori committenti ed estimatori di Gian Lorenzo Bernini.
Tanto le fonti antiche quanto gli studi critici avvalorano la paternità al Bernini della progettazione del convento di S. Bonaventura e della ristrutturazione del palazzo baronale, di cui rimangono attualmente solo parziali testimonianze. In particolare, a Monterano il genio dell'artista si manifesta nella risistemazione del palazzo: sfruttando la base rocciosa che lo sosteneva, Bernini fece di questa un palcoscenico naturale per realizzare, addossata ad un'ala del castello, una splendida fontana , ricordata dalle fonti come "capricciosissima". Sulla sommità di questa parete scogliera, venne infine collocato un leone in atto di scuotere in terreno con una zampa, provocando così un generoso gettito d'acqua confluente in una grande vasca posta alla base e lavorata ancora a scogli.
La fontana, così come ideata, corrisponde pienamente alla poetica dell'artificio del Bernini, data dall'incontro tra natura e arte, ed ha altresì un forte valore propagandistico per la famiglia Altieri. La fontana risulta infatti come una munifica elargizione di un servizio pubblico da parte dei Duchi. La scelta del leone non è affatto casuale e corrisponde viceversa ad un'ispirazione araldica ricorrente nelle opere del Bernini - come ad esempio le api Barberini.
Il leone, che attualmente nella versione originale si conserva nel Palazzo Comunale di Canale Monterano, venne rappresentato con la zampa anteriore alzata, così come era presente nello stemma dei Paluzzi Albertoni, il vero casato di Gasparo Altieri, duca di Monterano. Gasparo Paluzzi Albertoni aveva infatti sposato la nipote di Emilio Altieri, poi papa Clemente X.
Le clausole matrimoniali prevedevano che Gasparo assumesse il cognome della celebre famiglia romana per evitarne l'estinzione. Non appena eletto papa, Clemente X provvide ad aggregare tutta la famiglia Paluzzi agli Altieri, sostituendo tanto il loro cognome che il loro stemma con il proprio. L'immagine del leone rappresenta, secondo alcuni studiosi, un pretesto occasionale per lo sviluppo di un'ulteriore metafora visiva. Con il gesto della zampa che scuote il terreno, l'animale rimanda infatti al colpo di zoccolo inferto da Pegaso, il mitico cavallo alato che, così facendo, provoca lo sgorgo delle acque dal monte Elicona: la fonte che dona l'ispirazione ai poeti. E Bernini, si sa, era sicuramente tra questi.
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